
Nell’inevitabile, superficiale, e fondamentalmente sciocco giochino del “carro” ci ricadiamo nelle ore della glorificazione dovuta di Jannik Sinner. Ma servirebbe qualche precisazione, e in fondo sarebbe meglio pensare alla sostanza: lo sport italiano è in festa.
Dopo 47 anni un italiano torna al numero 4 del mondo, con la chiara possibilità di fare meglio, molto meglio. Il tifoso allora attacca la Gazzetta che ne aveva criticato la (seriale) assenza in Davis Cup, Ubaldo Scanagatta parla apertamente di “carro”, e il Corriere pretende di issare il fenomeno di San Candido sul piano più alto della storia del nostro tennis.
Tutte provocazioni. La Gazzetta non ha mai messo in discussione il talento di Jannik Sinner, quindi oggi non deve chiedere scusa a nessuno. Ha invece sottolineato uno scarso attaccamento all’azzurro. Critica lecita, a nostro avviso anacronistica.
Perché se la Davis piace, ed è un sogno di tutti noi, dire «I ragazzi di oggi conoscono ancora Adriano Panatta forse più per quella splendida vittoria che per il trionfo al Roland Garros» significa non tenere conto di un aspetto.
Sì, Panatta è forse conosciuto più per quella Davis in Cile che per Parigi o Roma, ma i tempi sono cambiati, e mercoledì pomeriggio due milioni di italiani si sono alternati sulle frequenze di SuperTennis per la finale di un Atp 500. Solo per Jannik. Quindi il popolo è già con il suo beniamino, che peraltro a Malaga risponderà alla convocazione di Filippo Volandri.
In tal senso non capiamo neanche il video di Ubaldo Scanagatta (che sia chiaro, è un maestro e noi il nulla… ma si commenta): «Nessuno può sapere se avrebbe vinto o meno a Pechino nel caso fosse andato a giocare a Bologna. Quello che non è discutibile è che ha fatto progressi enormi in ogni settore del gioco». Li ha fatti in questo piccolo lasso di tempo?
Non lo crediamo, come non ci pare giusto rispondere ad un Nicola Pietrangeli sempre a petto in fuori quando ricorda i suoi allori dicendo, come fa il Corriere, che Sinner è già passato oltre.
Portiamo rispetto per il passato, lasciamo dialettiche da due euro fuori dal gioco, e soprattutto godiamoci il presente. Jannik Sinner può davvero andare oltre a tutto, ma viviamo il suo cammino senza fare sempre un passo in avanti.
Arriveranno tempi peggiori, arriveranno passaggi a vuoto, arriveranno magari anni meno buoni. Sarà allora il caso non di parlare di carro, ma di ricordarci del percorso. Ci sono cadute, ci sono risalite. Ci sarà grandezza. Quella di Jannik Sinner.
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